La Sanità nella prima Guerra Mondiale

La Sanità nella prima Guerra Mondiale

fpanella in Vita di Club

Vittorio G. Falanca

Cimeli originali, lettere e cartoline autografe, dame e cavalieri in abiti dell’epoca costituivano alcuni degli elementi della coreografia curata dall’arch. Leonello Balestrini, che ricreava negli ambienti delle sale della Gran Guardia di Portoferraio l’atmosfera dell’inizio del ventesimo secolo.
L’occasione era data dalla conferenza dal titolo “LA SANITÁ MILITARE DURAN-TE LA PRIMA GUERRA MONDIALE”, organizzata nel pomeriggio di sabato 18 giugno nell’ambito delle manifestazioni per il centenario della prima guerra mondiale, che aveva come relatore il dr. Luciano Gelli, socio del Lions Club Isola d’Elba che figura fra gli enti patrocinatori delle celebrazioni.
Quella che doveva essere per l’Italia la quarta guerra di indipendenza mutò presto il nome in guerra mondiale. Di questo infatti si trattava visto l’alto nu-mero di nazioni che vi parteciparono con 70 milioni di combattenti, 9 dei quali morirono, insieme a 7 milioni di civili, non solo in combattimento, ma per pulizie etniche, fucilazioni, malattie, quali tubercolosi, tifo petecchiale, tetano, nonché la famosa influenza detta “Spagnola” termine improprio in quanto fu importata dai militari americani ed anche di feriti, mutilati, impazziti da stress (detti volgarmente scemi di guerra) e ricoverati in manicomi. Con questi temi Gelli ha introdotto la relazione e, per meglio trattare l’argomento, si è soffer-mato anche sulla diffusione nelle ostilità di armi innovative quali: mitragliatrici, gas letali, aerei e sui tremendi effetti che queste provocavano sulle truppe ne-miche e sui civili.
Ma l’impronta che il relatore ha voluto dare all’incontro era rivolta all’ottimismo e alla ricerca delle benefiche innovazioni che questo devastante conflitto ha portato in campo medico. E così ha parlato di nuovi disinfettanti, antiparassitari, aspirina, vaccini contro il colera, il tetano e il vaiolo, di chirurgia plastica, con trapianti di tessuti, e trasfusioni di sangue; della messa in servizio di autoambulanze, alcune delle quali con attrezzature chirurgiche, altre con apparati radiologici, per il trasporto dei feriti, classificati secondo la gravità in vari codici, alle infermerie o agli ospedali. Di questo servizio, ha ricordato l’oratore, usufruì anche lo scrittore Hemingay colpito sul fronte italiano da un proiettile ad un ginocchio.
La conclusione Gelli ha voluto affidarla alla rivelazione di una curiosità: l’abitudine del caffè alla mattina fu proprio diffusa fra le truppe dai generali italiani per mantenere vigili i soldati in trincea e, in seguito ripresa e migliorata dai tedeschi che escogitarono il caffè liofilizzato.
Al termine, dai numerosi presenti sono state rivolte al relatore osservazioni e domande di chiarimenti alle quali egli ha esaurientemente risposto.
Gran GuardiaUn momento della conferenza

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