Una “spremuta” che viene da lontano

Una “spremuta” che viene da lontano

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Anna Romano

La conviviale del Lions Club Empoli Ferruccio Busoni del 25 febbraio u.s. ha avuto come relatore il Dott. Paolo Del Guerra, che ha trattato il tema “Il vino nell’antichità”.

Dirigente medico di primo livello di medicina del lavoro e sicurezza negli ambienti di lavoro presso la USL 11 di Empoli, degustatore ufficiale e relatore per i corsi di qualificazione per sommelier e sommelier egli stesso per passione, il dottore sa veramente tutto sul vino, come ha dimostrato con la sua esposizione, condotta in modo scorrevole ed accattivante, che ha mantenuto viva e desta l’attenzione dei presenti.

empoli busoni orat.

La storia della vite parte dall’Asia, in particolare dalla zona del Caucaso, dove si sono rinvenute tracce della sua coltura già nel V millennio a. C.

I frutti, una volta pigiati, fermentavano, venivano arricchiti con spezie e resine e diventavano una bevanda alcolica, che non aveva nulla a che vedere con il vino di oggi. Intanto l’uva veniva pestata, come si sa, con i piedi, quindi in modo poco igienico, in vasche aperte, all’aria, per cui si sviluppavano fenomeni ossidativi, il liquido si surriscaldava per l’esposizione al sole, poi si affinava in otri di terracotta sigillati, perciò non respirava e, siccome gli otri venivano trasportati per il commercio, sbatteva e diventava “viaggiato”.

Fonti storiche ci dicono che gli Egizi e i Cretesi, fin dai loro albori, mescolavano il miele con l‘acqua, dando vita, dopo la fermentazione, ad una bevanda alcolica. La fermentazione, infatti, è stata una grande scoperta dell’umanità, perché ha consentito di trasformare le sostanze zuccherine della frutta in bevande alcoliche, aumentandone la conservabilità.

La coltura della vite, poi, si espande verso sud e ad est del Caucaso e nel 3000 a. C. si diffonde in Mesopotamia, dove vi sono testimonianze di persone che bevono con una cannuccia una bevanda alcolica.

Gli eventi storici portano la coltivazione della vite in Egitto, poi a Creta, dove trovano la vite piantata nella reggia stessa di Cnosso.

Anche nella parte inferiore dello scudo di Achille viene rappresentata la vigna, descritta da Omero con pali, fossati e siepi, ma la coltivazione risale ad alcuni secoli prima.

In Italia nel II millennio a.C. le popolazioni nuragiche in Sardegna praticano coltivazioni di vite autoctone, ossia prima dell’arrivo dei popoli dal mare.

A seguito delle ben note vicende storiche, greci, fenici ed etruschi si incontrano in Campania e intrecciano le loro conoscenze e pratiche.

I romani, poi, raccolgono questa eredità ed introducono la coltura della vite nei territori conquistati, dalla Gallia, dove sono rinvenuti vasi vinari, all’odierna Ungheria, Romania e Caucaso, chiudendo il cerchio.

I Galli hanno il merito di aver dato al vino la botte, un recipiente di legno rinforzato con cerchiatura di ferro per facilitare il trasporto, poi utilizzata per affinare il vino. Questo veniva usato nei riti religiosi come offerta agli dei, mentre la gente comune lo beveva annacquato.

Quanto alle tecniche, sappiamo che gli Etruschi hanno addomesticato la vite silvestre, l’hanno incrociata con quella greca ed hanno dato vita a vitigni moderni, ad alberello, montati sul pioppo o sull’olmo, invece che sul palo.

I Romani coltivavano la vite sia maritata al vivo, sia ad alberello fino a diventare pergola, tecnica meno vantaggiosa, ma dalla produttività più elevata.

Oggi l’esempio più evidente della coltivazione a pergola l’abbiamo in Trentino, dove la vite arriva a formare un arco completo, con grandi vantaggi, soprattutto nel periodo caldo.

Insomma il vino racchiude tutto un mondo, fatto di storia e tradizione, cultura ed economia, piacere e benessere, tutte componenti che ci fanno conoscere oggi il carattere ed il pregio dei nostri vini, che sono il vanto della nostra economia, basata su un’attività millenaria, ricca di conoscenza, esperienza e contaminazioni, che hanno determinato l’eccellente qualità dei prodotti italiani.

empoli busoni

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